Il “Miracle” di Frank De Frenza

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VERSIONE COMPLETA DEL PEZZO COMPARSO, IN FORMA RIDOTTA, SU “L’ECO DEL CHISONE” DEL 4 FEBBRAIO 2009

C’è una pellicola Disney – dal budget milionario – che gli appassionati di hockey su ghiaccio conoscono a memoria: si chiama “Miracle”, è del 2004 e racconta del “miracoloso” successo degli Stati Uniti sull’invincibile Unione Sovietica alle Olimpiadi di Lake Placid del 1980.
«Se ci credete, tutto è possibile», è la frase cult attribuita nel film a Herb Brooks, mitico coach della Nazionale a stelle e strisce: un mantra che tanti a Torre Pellice ripetono, per spingere l’Hc Valpellice al “suo” miracolo sportivo (rivincere il campionato dopo 33 anni). Pochi sanno, però, che tra quel team immortalato sul grande schermo e la Valpe esiste un trait d’union in carne ed ossa: Frank De Frenza.
Il 34enne di Burnaby (Canada), oggi ala dei biancorossi, ha infatti recitato nel film diretto da Gavin O’Connor: «È stata una grande esperienza. Si lavorava anche 13 ore al giorno e il pubblico faceva file lunghissime per assistere alle scene girate sul ghiaccio – racconta Frank -. Il biglietto d’ingresso sul set costava 10 dollari. Ricordo che un giorno, prima di poter entrare, la gente dovette attendere a lungo: ingannò l’attesa assistendo su un grande schermo alla cronaca completa di tre partite di Nhl, di cui due concluse all’overtime!»
Le riprese del film furono un evento per tutto il British Columbia, perché “Miracle” fu girato nello Stato canadese dove sorge anche Vancouver.
L’arena olimpica di Lake Placid fu riprodotta ad Abbotsford. La ricostruzione delle partite che portarono gli Stati Uniti alla medaglia d’oro fu precisissima. E De Frenza fu scelto tra duemila candidati come attore-giocatore: «Ogni giorno di casting, un pool di tecnici, tra cui Ryan Walter dei Vancouver Canucks, sperimentava le nostre doti sul ghiaccio e faceva la sua scelta. Avevamo un numero sul petto. Alcuni venivano eliminati appena mettevano i pattini in pista. Con altri, invece, fu una bella sfida, perché si fecero avanti ottimi atleti: come Sasha Lakovic, che in precedenza aveva disputato un centinaio di partite in Nhl con Calgary e New Jersey: a lui toccò il ruolo del capitano sovietico, Boris Mikhailov».
Alla fine, i prescelti furono appena 25, Frank compreso. Hockeysti professionisti che hanno avuto ruoli da comprimari e da controfigura nelle scene di gioco: «In realtà, anche gli attori che impersonavano gli atleti degli Usa se la cavavano con i pattini». Tra i più famosi (a parte Kurt Russel, che vanta in carriera ruoli in “Forrest Gump”, “Vanilla Sky” e “Stargate”): Kenneth Mitchell, buon interprete di serial come “Ghost Whisperer” e “Csi: Miami”, ed Eddie Cahill, oggi coprotagonista di “Csi: New York”, già noto come personaggio minore di “Friends”.
«Ragazzi normalissimi, con cui ci si confrontava volentieri e si parlava di hockey», sorride Frank.
Alla fine, la parte di De Frenza in “Miracle” è stata piccola, ma significativa: «Ho impersonato un giocatore della Romania e uno della Russia. Stavo in panchina mentre veniva suonato l’inno sovietico». Una breve pausa: «Non scrivere che sono un attore. Però recitando mi sono divertito. L’estate scorsa mi hanno scritturato per un altro film: “Tooth fairy”: una commedia per bambini anch’essa ambientata nel mondo dell’hockey (sarà nelle sale americane dal prossimo mese di novembre, ndr). Ho dovuto rinunciare perché… mi è giunta la chiamata da Torre Pellice!»
Per il momento, quindi, se si cliccano i siti americani dedicati al cinema, il nome di De Frenza resta collegato al solo “Miracle”. Ma quale appassionato di hockey non darebbe qualcosa per essere stato parte – seppure nella riedizione su pellicola – di quell’impresa memorabile?
Tra l’altro, gli eroi veri di Lake Placid – da Mike Eruzione a Jim Craig – assistettero incuriositi alle riprese del film, suggerendo particolari dettagliatissimi sulle azioni decisive degli incontri e dispensando consigli. Già, i consigli. Ce n’è uno – pronunciato da Kurt Russel nei panni di Herb Brooks – che ha fatto la storia del cinema sportivo. E De Frenza l’ha fatto proprio: «A un certo punto, il coach dice: “Quando indossate quella maglia, il nome davanti è molto più importante di quello che c’è sulla schiena”. Vale anche per la Valpe: se giochiamo per la squadra, possiamo farcela».

© Daniele Arghittu