ARTICOLO PUBBLICATO SU “L’ECO DEL CHISONE” DELL’11 APRILE 2007, POCHI GIORNI DOPO LA SCOMPARSA DEL NOSTRO “PRESIDENTE PER SEMPRE”

Quanto successo ieri fa ancora male, ma – per superare il dolore – l’Hockey Valpellice ha bisogno di guardare al domani. Partendo dalla ricerca, in continuità con la presidenza Ferrando, di una figura dirigenziale di riferimento. E consolandosi con le belle storie di amicizia che nascono attorno al fenomeno biancorosso.
Come quella che ha unito a Torre Pellice Aleksandr Petrov, un ragazzone estone di neanche 24 anni, che è diventato uno dei punti fermi della Valpe. Poche parole, ma un cuore grande. E un talento che ne fa – probabilmente – il miglior hockeysta della sua piccola nazione.
I percorsi dello sport lo hanno portato sotto il Vandalino due anni fa, dopo aver giocato in Estonia, a San Pietroburgo in Russia, in Lettonia ed in Finlandia. Ma il suo giro del globo attraverso le piste da hockey è stato quasi completo, perché – con la maglia della Nazionale, di cui è titolare fisso da sette stagioni – ha solcato il ghiaccio di Olanda, Croazia, Slovenia, Serbia, Romania, Polonia, Lituania, Sud Africa, Giappone…
L’11 aprile parte per la Cina, città di Qiqihar, dove guiderà i suoi compagni contro Francia, Kazakhstan, Olanda, Polonia e – naturalmente – i padroni di casa. Ha lasciato la Val Pellice con una promessa: «Tornerò qui». A giocare, il prossimo autunno (e la dirigenza, due mesi fa, ha già annunciato l’intenzione di confermarlo). Ma anche prima, quest’estate, per riabbracciare gli amici.
«Mia mamma si è sorpresa per la capacità di Sasha di cucinare, bene e velocemente», racconta la fidanzata, conosciuta a bordo pista. Specialità: ravioli di carne e insalata russa (quella vera, mica la nostra, che non le somiglia neppure).
E in pista è ancora meglio: un centro di peso e di lavoro, abile nelle progressioni col disco. Lo chiamano lo “Zar di Torre”, un nomignolo a cui è abituato («Mi chiamavano “zar” già alle elementari, per via del nome e del cognome»). Ma per il gruppetto dei più intimi, è simpaticamente Giovanni.
Lui osserva e sorride, in silenzio. Ma quando parla, colpisce. Al cronista che – in inglese – lo spronava ad imparare l’italiano, per restare a lungo in valle, ha risposto: «Va bin, va bin». In piemontese.

© Daniele Arghittu